lunedì 28 settembre 2015

Sulla Neofilia e Neofobia delle Arti Marziali

Pubblicato nel vecchio blog il: 28.08.2013 17:18
Quante volte ci siamo trovati di fronte all’ambiguo fenomeno della fissazione su quanto sia tradizionale una disciplina marziale e del suo valore rispetto alla nostra epoca? E’ comune notare, come nei moderni gruppi di discussione ciò venga facilmente a galla con la domanda: quanto sono utili le arti marziali tradizionali, ideate in un contesto lontano sia in tempo che in spazio dalla nostra moderna società, così dedita alla comunicazione e allo sviluppo immediato delle capacità umane? Non sono forse discipline ormai sorpassate nell’ambito marziale (le arti militari hanno subito diverse modifiche dal punto di vista strategico/tattico/logistico dato dalla modernizzazione della scienza e la tecnologia bellica)? Non sono forse discipline praticate in modo fin troppo anacronistico?
Per cominciare, cosa intendiamo con il termine “tradizionale”? non sarà molto difficile trovare la corretta definizione di questo termine (vi sarà di aiuto il buon google), come l’insieme culturale del sapere tramandato all’interno di una comunità, arrivando ad avere un vero e proprio corpo folkloristico rappresentativo, donando un’identità nell’insieme della storia sociale.  Orbene, il fattore che un sapere o abitudine sociale sia tramandata nei tempi  per un lungo periodo fa sì che questo diventi un imprinting sociale ben marcato e distinto entrando appunto nell’insieme che possiamo definire tradizionale o appartenente alla tradizione. L’appartenenza alla tradizione genera nella mente degli adulti di un dato gruppo sociale, un canone che agli occhi di un esterno può apparire alle volte addirittura contronatura. E’ proprio qui che possiamo vedere l’origine della Neofobia, nel nostro più ristretto campo: Neofobia marziale, ovvero la tendenza a vedere in ogni cosa nuova un rischio elevato per le sovrastrutture ritenute eternamente valide poiché appartenenti alla tradizione.
Di tutti i primati è solo dell’homo sapiens sapiens la qualità di aver raggiunto un certo equilibrio tra le due categorie di neofilia e neofobia, queste sono le forze fondamentali per le quali la nostra specie è dedita alla ricerca continua di risposte a domande via via più complesse, ciò è presto dimostrato da come il cucciolo di scimpanzé condivida con il cucciolo di homo sapiens sapiens gli stessi giochi e metodi di sperimentazioni, la distinzione per le due specie sorge nello scimpanzé in torno ai 2 anni di età quando la sua curiosità comincia lentamente a calare, mentre nel cucciolo di uomo essa continua ad aumentare e a meno che non venga fermata o limitata dagli esemplari più adulti può svilupparsi in modo esponenziale. Questo non basta poiché l’uomo mantiene anche in età adulta la propria capacità di curiosità donata dalla neofilia, o meglio l’amore per il nuovo o per ciò che non si conosce.
Qualcosa che non si conosce di primo acchito può apparire pericolosa, e su di essa l’uomo è portato per il proprio istinto di conservazione ad ideare risposte fantasiose che possano limitare l’interazione con il nuovo oggetto sviluppando in modo più o meno forte la neofobia quale metodo di riparo e prevenzione. E’ interessante notare come la neofobia sia maggiormente presente negli esemplari adulti, allorché essi hanno costruito intorno a sé un mondo di strutture e, perché no, di sovrastrutture all’interno delle quali trovano riparo e sicurezza; mentre è altamente presente negli esemplari più giovani il desiderio della scoperta e dell’indagine propria della neofilia. Per fortuna i raggruppamenti sociali permettono che alcuni esemplari particolarmente a loro agio con la neofilia riescano a mantenerla alta anche negli stadi più maturi della loro esperienza, consentendo al loro intelletto ulteriori ricerche per il semplice gusto della ricerca stessa.
Ora, dovrebbe essere chiaro ai miei colleghi marzialisti la trasposizione di questo piccolo ed insignificante discorso nel nostro piccolo e limitato ambiente delle arti marziali tradizionali, esse saranno sicuramente anacronistiche, fossilizzate tradizioni pieni di metodi e sistemi sociali di un tempo ormai trapassato, ma quale è il valore della tradizione o dei metodi tradizionali che ancora oggi amiamo? forse per l’infantile senso di certezza che potremo ottenere all’interno di una qualsiasi voglia tradizione religiosa, non a caso il parallelismo tra seguaci religiosi e seguaci marziali è assai evidente: “Dio l’ha detto, Dio lo vuole”/ “Il maestro lo ha detto perciò funziona”. L’utilità della Neofobia e con essa di ciò che è ritenuto tradizionale è nel fatto che essa ci aiuta a progredire lentamente e in sicurezza verso la scoperta e la risposta alle domande poste in relazione al “nuovo”, senza una buona dose di neofobia, di un certo attaccamento a ciò che riteniamo tradizionale potremo agire in modo del tutto irresponsabile buttandoci nella nuova esperienza senza progredire per gradi, mentre in assenza della sua controparte, la neofilia, resteremo unicamente attaccati a quelle poche certezze sicure, lasciateci dagli antenati quasi a ricordare gli uomini incatenati nella famosa caverna di Platone. Come sempre è meglio astenersi nel giusto mezzo.

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