lunedì 28 settembre 2015

Ermione

Pubblicato nel vecchio blog il: 23.05.2014 20:27
So bene come finirà questa sera. Conosco bene il travolgente potere che la tua sola presenza  scatena, schiavizzando la mia risolutezza, sconvolgendo i miei piani di guerra.
E mi ritrovo puntualmente a rivivere il dèjà vu della scelta, al bivio tra uno speranzoso, lucente, futuro ed una cupa realtà che s’annida nelle mie ore di morte, dove i neri gabbiani sfrecciano in uno sconfinato cielo senza stelle, su di un appassito mare di solitudine ed angoscia. E sono qui, sono ancora qui ad attenderti, a mendicare il tuo sguardo, il tuo delicato sorriso dagli strizzati occhi smeraldini. Amami, è tutto ciò che chiedo e tutto ciò che desidero.
 Essere tuo, vivere per te.
 Vivere da te e dalla vita che solo in te mi pare di scorgere ormai.
Basterebbe un solo “Si”; un semplice, banale, puerile monosillabo che raccoglie in sé l’essenza di tutta questa umana sofferenza, quasi fossi una punizione divina, nemesi stessa in regalo ad una vita di morte, fatiche e sofferenza.
Conosco il mio passato, i miei lontani errori e la punizione scatenata. Ma quanto potrò ancora sopportare? Prego ogni notte ricevere la forza dallo stesso Enki, amico dell’uomo, attendo un Prometeo che mi accompagni e mi guidi con la divina fiamma nell’ingannevole, nosferatico, mondo di Eros che solo a te appartiene. Nel mentre le forze mi abbandonano, giorno dopo giorno l’ansia di una tua telefonata, di un tuo semplice messaggio mi sferza il sangue con il ricordo dei delicati capelli dall’oro colore, lentamente i giorni muoiono nell’attesa che puntualmente si dimostra pleonasticamente inutile, fallimentare.
L’ordalica privazione del tuo amore appare quale dannazione, quasi fossi un decaduto Lucifero dalle cicatrizzanti ali, amorfo nell’informe, appassito anche nella morte … un uomo che non ero, un uomo che non sono, un Re divenuto schiavo di quel lieve, molle,  ansimare quando in rosso ed in nero il tuo dolce peso si adagia.
Vado, lontano come lo sfuggente orizzonte.
Vado alle mie battaglie, amore mio, vado alla terra che solo io conosco, dove la mia spada attende ed il tuo ricordo attende, ma non vi è nulla da trafiggere, il mio corpo, il mio respiro, il cuore stesso, pulsante e caldo resta da te. In te, come in tutti questi bruni giorni appena trascorsi. Vado e senza di me, mi avventuro in una vita che so già è finita ad ogni respiro appena concluso.
Vado ad attenderti, ad aspettare quel dannato “Si” dal tonante fischiettio che scroscia, che rabbrivida l’anima. E quando in un attimo di follia, la solitudine della perdita ti assalirà, voltati, guardami e racconta al vento, nostro eterno messaggero, l’accondiscendente perdono.
Non già solo Dio perdona ma l’uomo, ed in ciò l’uomo ascende se stesso alto e lucente come Venere all’orizzonte, non un Dio ma già un uomo che dio stesso ha superato.
Solo nella moltitudine di ombre che solo io conosco, t’attendo.
Oh Ermione

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