lunedì 28 settembre 2015

Marziali Riflessioni

Pubblicato nel vecchio blog il: 22.05.2014 12:21
Cosa ci è successo?
E’ la domanda che quotidianamente mi rivolgo allo specchio al mattino, quando  dopo aver finito la giornaliera prassi di risveglio, l’angoscia di un nuovo giorno morente mi assale. Dove sono i giorni in cui, in un tuonante silenzio ci allenavamo all’ombra, cupa e quasi sacra, del nostro maestro? Quando, con infinita attesa ci addestravamo per ore, giorni e spesso anche mesi, in un'unica noiosa ed infine, naturale, tecnica. Dove sono i giorni in cui al maestro bastava sollevare un palmo per capire quale Taolu eseguire? I giorni in cui entravamo al kwoon e la prima cosa che facevamo era quella di accendere l’incenso agli antenati, seguiti da tre inchini ritmati dal sottile ticchettio di un orologio analogico in fondo alla sala, la sala dei bronzi e delle giade, la sala dove l’onore abitava quasi fosse un dio in persona. Calpestare quel suolo, senza un morbido tatami, circondato dalle armi affisse ai muri, qualche vecchio libro appoggiato qua e là e l’acre odore dell’incenso che pian piano si faceva strada lungo le narici, la trachea … i polmoni. Dove sono quei giorni? Cosa ci è successo?
Quei giorni sono relegati ad un passato, che giorno dopo giorno, inevitabilmente appare più luminoso, lucente come l’argenteo colore della spada del maestro, seghettata dagli infiniti combattimenti, sporca ancora del sangue di diverse anime immolate per i motivi più vari: il potere, l’onore, il rispetto, la gloria, l’amore. Mi guardo allo specchio e non vedo se non un uomo dai troppi ricordi, non odo se non la voce del passato, pallidamente adagiata nel suo stesso ricordo. L’uomo di spada non vive nel passato, ma nella sua stessa spada pronta a fendere il quotidiano. La mia spada?  È saldamente appoggiata insieme ai bastoni e alle altre spade di più bassa nobiltà. Perché? Perche so che quei giorni sono finiti.
E’ finito il tempo in cui un maestro accoglieva i propri discepoli solo se dimostravano di essere capaci di seguirlo. E’ finito il tempo dove, per entrare in quella stanza di bronzi e giade, dovevi superare almeno quattro anni di apprendistato con un iniziato, con il figlio stesso del maestro. E’ finito il tempo dove l’unica retta mensile era servire il tuo maestro in ogni suo volere. Maestro dice, allievo fa.
Oggi? Basta iscriversi in una qualsiasi palestra, pagare la retta e non avendo ne arte ne parte entrare all’interno di una scuola, dove il maestro non solo ti devi accogliere e insegnare fin da subito in virtù dei tuoi soldi appena consegnati alla cassa, presso la segreteria, ma sopportare la tua incapacità a restare cinque miserabili minuti in Mabu, e magari sentirsi dire dopo: Maestro sono stanco, facciamo un'altra cosa?
Non solo, dopo neanche due mesi sentirsi un novello bruslì (con tanto di accento sulla “i”) in virtù di un allenamento che al massimo dura un ora e mezza per ben due volte a settimana! Wow, che grande guerriero, si addestra due volte a settimana! Deve essere veramente tosto, ha anche una cintura nera. E poi? poi, ti ritrovi maestri che si rompono le dita mentre sono al sacco, da soli, a dare dei pugnetti incapaci di percepire la violenza stessa che la parola pugno può indicare.
Ma dobbiamo pur vivere, no? L’affitto, le spesse di luce, telefono e varietà in necessaria ai fini marziali, vanno coperti, è vero. Perché quindi essere un idealista? Vivere in un iperuranea percezione della virtù marziale, quando essa, da tempo se ne è andata? Perché perderei l’unica cosa che nessuno può togliere, perderei me stesso. Abbandonerei definitivamente la mia spada accanto a quei plebei bastoni. Sarò forse un sognatore, sarò forse contro il comune status quo marziale è vero, ma sarò io e onorerò la mia promessa di servitù al mio maestro, anche nella morte la mia promessa è rimasta, anche quando il maestro è caduto dall’olimpo stesso mostrando l’insegnamento ultimo, mostrando che anche un maestro è un uomo, anche allora, la mia promessa è salda come in quel lontano luglio del 2001. La scuola, non morirà con me, perché vivrà nel cuore di colui che si mostrerà degno, colui che non riceverà l’insegnamento solo perche paga una retta mensile, ma perche la sua nobiltà, il suo innato onore emergerà da sé. Ed è qui che vengono i nodi al pettine, L’onore non lo si acquista né con una cintura nera né con una medaglia vinta. L’onore appartiene a colui che vive nella sua propria spada, quotidianamente, incessantemente, infaticabilmente. Non basta un kimono, né una katana comprata al mercatino dell’usato fatta in serie con l’acciaio più schifoso di tutto il mondo, non basta vestirsi da cinese antico, leggersi due frasi del tao te ching, chiamarsi buddhista e magari essere un novello vegetariano o vegano… non basta dire il bianco è il buono ed il nero è il cattivo. Il nobile animo si dimostra nella propria spada, pur restando semplici uomini dalle infinite difficoltà, paure ed angosce.
Cosa ci è successo? Siamo diventati meretrici di sacre conoscenze, di tecniche dove basta fare un video su youtube per creare altri diecimila maestri. Abbiamo svalutato ciò che di più nobile c’era in noi, il nostro sapere, i nostri ricordi, i nostri antenati. Ricordate miei cari amici, che ogni singola tecnica, ha spezzato mille vite ed esse ancora chiamano vendetta da qualche parte, prendere alla leggera ciò che credete di chiamare arti marziali è l’errore più comune che ci sia. Non siate parte di quel ammasso informe di ignobili praticanti. Calpestate la terra ricordando che tra tutti, i guerrieri vanno in contro a ciò che fa male e non scappano da esso, affrontate la difficoltà, perche è solo facendo cose difficili che si migliora, altrimenti restate nella vostra mediocrità ma non chiamatevi marzialisti. Onorate gli antenati che per voi sono morti per potervi portare la conoscenza. E non dimenticate la vostra, propria, spada.

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