mercoledì 8 marzo 2017

Impara con la mente, poi dimentica ...


Il maestro sedetti sulla vecchia e polverosa sedia di paglia. A suo fianco vi era "rugiada splendente", la sua spada dalla lama ormai quasi seghettata per via dei colpi subiti. Un vento leggero entrò dalle alte finestre lungo il muro di fianco a noi, tremarono le deboli fiamme delle candele tutt'attorno. Iniziai ad eseguire i miei taolu, le forme del nostro stile che ormai da anni praticavo.
Corse il tempo nel tempo dell'estate, la vita fugace scappava nella giovane inconsapevolezza di quegli anni. Domandai allora:
- Maestro, l'ho eseguita bene la forma?
Non rispose di immediato, sembrò quasi pensare e valutare mentalmente la giusta risposta. Dopo l'attimo di attento pensiero la serena voce del maestro esclamò:
- Fa schifo!
Molte lune si alternarono, molte volte sfinito dal ripetere provai a chiedere ancora, nella speranza di avere un giusto consiglio, una giusta guida: Maestro, l'ho eseguita bene la forma? Puntualmente la risposta si ripeteva con tenacia sempre maggiore: Fa schifo!
L'irruenza della gioventù cavalcava il cuore, mentre rabbia e frustrazione lasciavano spazio a sempre meno ambizioni di sapere, tanto, ormai sapevo che la risposta era sempre e comunque: fa schifo!
Continuai.
Non mi fermavo più a pensare se lo facevo giusto o sbagliato, non pensavo più alla mossa successiva: "facevo e basta", non domandavo più cercando il consiglio, ma mi allenavo, ripetevo, ripetevo, ripetevo.
Basta!
La sua voce risuonò nella stanza di giada, la sua mano destra era alzata, indicandomi di fermarmi.
Il respiro era ancora spezzato dalla fatica, mentre il sudore caldo scendeva dalla fronte quale fontana mistica.
portai il ginocchio e la mano destra a terra, aspettai.
- Adesso è accettabile!
- Le parole del maestro sono enigmatiche. Maestro che cosa è accettabile?
- Quando ti fermi a giudicare la forma, non alleni la forma ma il tuo ego. Quando ti fermi ad allenare la forma, alleni la forma. Quando alleni la forma senza pensiero la forma può finalmente sbocciare come il fiore di loto. Impara con la mente, poi dimentica ed impara senza mente.
Quel giorno la Piccola Tigre aveva molto su cui meditare.

lunedì 2 gennaio 2017

Ricordi d'estate


Calava il sole lungo il rosso orizzonte, i raggi talvolta trafiggevano le nubi dalle rosate sfumature. Il tempestoso mantello dei mari del sud ritmicamente copriva la riva, mentre la nera sagoma di un pellicano in lontananza, fissava le novelle stelle della sera. Mi fermai ancora.
Il caldo sapore del sangue si mischiava in bocca a quello della sabbia, lo sguardo cominciava ad annebbiarsi mentre la stanchezza scorreva leggera lungo gli arti. Un colpo ancora, fortissimo. In pancia. Caddi.
Un secondo ancora ed il suo piede avrebbe spazzato via la mia faccia dalla sabbia, il maestro sollevo la mano destra: "Basta così grande drago". provai ad alzarmi ... Mi diede una mano.
Stavamo in piedi di fronte al maestro, solo il rumore delle onde marine cavalcava il vento.
- cosa hai imparato oggi piccola tigre?
- Vincere grande drago è un obiettivo ancora lontano da raggiungere, Maestro.
-Non la vittoria è cosa buona mio giovane discepolo, ma ciò che ogni giorno riusciamo ad imparare. Non vi è nessun maestro migliore della perdita, dello sbaglio. Sii grato al tuo avversario, perché è solo grazie a lui che tu migliori te stesso. E' solo grazie all'errore che puoi imparare, che puoi evolverti, che puoi conoscere!
Ricordate: per migliorare, dovete affrontare difficoltà via via maggiori, finché vi volterete indietro e riconoscerete la vostra vecchia debolezza. Allora, non avrete più avversari.
L'oscura notte era appena calata su di noi.
Neri uccelli trafiggevano il cielo.
Il vento dell'estate alleggeriva la stanchezza, un altra giornata di addestramento si era appena conclusa.

giovedì 22 dicembre 2016

Trova il tuo cuore



Come era consuetudine sedetti di fronte al Maestro, l'impavido sudore ritmicamente sgocciolava dal sopracciglio destro. Cadendo sulla terra battuta della sala, quelle piccole gocce sollevavano la polvere.
Silenzio.
Soltanto la goccia ricordava la sua presenza. Il respiro spezzato, man mano cercai di portarlo all'ordine, alla compostezza.
- Hai fallito ancora piccola tigre.
- Non sono un degno discepolo, Maestro.
Il capo leggermente chino a sinistra mentre la sottile, tagliente, mano destra accarezza delicatamente la barba. Lo sguardo sembra viaggiare fuori dalle alte finestre lungo il muro. Occhi neri come la notte più buia, nascondono la verità di mille ore di morte.
- Hai fallito ancora piccola tigre, non per mancanza di doti, ma per l'assenza del cuore.
- Le parole del Maestro sono impenetrabili.
- Non il pugno ha valore, non il calcio. la spada addormentata resta nel fodero, la lancia non tuona e giace in silenzio. Ognuno di esse manca di cuore. Il cuore, mio giovane apprendista, è ciò che dà vita ad ogni tecnica, ad ogni strumento. La via della maestria passa attraverso il cuore: Se sei felice sia la felicità a riempire la tua virtù; se sei triste sia la tristezza: entrambe ti doneranno potenza. Trova il tuo cuore, mia piccola tigre, e non avrai più avversari.
Uscendo dalla stanza di giada il Maestro chiuse col lucchetto la porta e tornò ai suoi quotidiani lavori.
XiaoFu andò via, per quel giorno troppo aveva da studiare ancora.

venerdì 25 novembre 2016

Poco è meglio di molto












Taikui fu mandato dalla sua famiglia al tempio, per imparare le arti marziali e divenire monaco. Fu affidato ad un maestro e, dopo aver fatto il giuramento di obbedienza, il maestro gli disse di riempire d'acqua un barile, successivamente di prenderlo a palmate finché non lo svuotava e ripetere l'operazione per l'intera giornata.
Ogni giorno Taikui riempiva e svuotava a palmate il barile, senza mai allenare nessun altra tecnica, ogni giorno si amareggiava credendo che il suo maestro non avesse voglia di insegnargli il VERO kungfu, le VERE arti marziali. Passarono 2 anni e finalmente fu concesso a Taikui di uscire dal tempio per andare in visita alla sua famiglia.
Ansiosi i parenti ed amici del villaggio gli chiedevano di far vedere loro le arti marziali apprese in questi due anni, ma TaiKui non conosceva nessuna sequenza, nessun taolu, nessun kata, nessuna mossa se non il prendere a palmate un barile d'acqua. Sentendosi sotto pressione per l'insistenza dei parenti ed amici, TaiKui esclamo urlando: Non ho imparato nulla al tempio! ed in un atto di collera sbatté con il palmo aperto sul tavolo.
Si udì un secco scricchiolio ed il tavolo, in massiccio legno, si spezzo subito in due.

I famigliari di Taikui ne furono felici.


sabato 12 marzo 2016

Poesia Afghana - Meditazioni sull'Islam














La vita non è un problema da risolvere:
la vita è uno spazio di tempo da vivere.
Certo, Dio è bello e ama la bellezza,
certo, Dio è vita, e perciò ama ogni essere vivente.
Dal momento che noi tutti viviamo
abbiamo tutti il diritto di vivere nel modo più conveniente.













****

Studiando e meditando sull'Islam, ho trovato questa bellissima poesia, la quale mi ha davvero cambiato la giornata e la percezione della mia quotidiana fatica, sperando possa aiutare anche altri, la condivido volentieri con i miei lettori, ai quali vorrei innanzitutto ricordare un termine al quanto contemporaneo e modernamente abbinato alla concezione di guerra santa: Jihad.
Il Jihad è lo sforzo dell'uomo per convertire se stesso da pietra grezza a pietra levigata. è un percorso personale alla ricerca di Dio, solo un anima corrotta ed egoista può trasformare una fede di amore, rispetto e pace, in uno strumento di guerra, il male è nell'uomo.


martedì 29 settembre 2015

In Verità Esistono Solo Bugie

Pubblicato nel vecchio Blog il: 16.09.2015 15:54
***Questa, è una parte del saggio "Sulla Metafisica della Morale" del M° Jaime Luis Vizconde, l'articolo è di proposito mostrato solo in parte***
Molto tempo fa, mentre ero immerso nelle mie letture pomeridiane, la quiete della stanza fu squassata dall’arrivo repentino di un uomo, nel suo volto l’espressione della frustrazione, nella sua parola la certezza della sua esperienza e, nel suo animo, l’amarezza della consapevolezza di ciò che andava affermando.
tutti mentono!
Aveva offerto la sua vita alla ricerca del bene, il suo nobile e paziente animo era, non fiducioso ma speranzoso, egli  aveva la speranza, pur vaga e minima che sia mai stata, di compiere il bene affinché, quale un nuovo virus, quasi simile all’olio appena caduto sulla maglietta, si spandesse nella società, egli credeva che se un uomo agiva nel bene, compiva il bene, altri lo avrebbero imitato, ed il bene si sarebbe sparso nella sua comunità.
Non è forse al bene, che l’animo umano tende? No.
Tutti mentono, io sono come tutti e quindi mento. Un sillogismo che avrebbe fatto sorridere Aristotele.” Una frase appena mormorata tra le labbra, anche la sua ultima certezza era svanita. Cos’era un uomo se non poteva fare affidamento alla sua stessa parola?
Quell’uomo era mio padre.
Quella banale affermazione fu accantonata in quella parte di memoria dedicata al ricordo, e credetti che il demone del dubbio fossi finalmente sconfitto e allontanato dal sapere, dalla conoscenza certa prodotta dallo studio scolastico delle scienze, là dove lo stesso Descartes quattro secoli prima aveva stabilito le fondamenta di un metodo che apparve universale, veritiero.
Gli anni son passati, l’esperienza anche, cominci a guardarti in dietro e la strada fatta appare certamente più lunga rispetto a quella che scorgi all’orizzonte luminoso. Pensi al passato mentre la marcia trionfale di Verdi risuona in testa, guardi il presente ed è l’Adagio di Albinoni che prende il sopravvento. Stiamo morendo e molti di noi non sono altro che morti vaganti ancora in un mondo che crede di essere vivo.
Dubium sapientiae initium
E’ davvero così, è il dubbio l’origine della sapienza? Descartes dubita, egli riconosce l’origine della ricerca del suo metodo dal fatto di riconoscere in sé il dubbio e i molteplici errori a cui lo studio scolastico lo aveva portato, riscoprendosi un neo Socrate, egli afferma:
Mi trovai intricato in tanti dubbi ed errori, che mi sembrava di aver tratto nel tentativo di istruirmi un unico utile: la crescente scoperta della mia ignoranza.”
Ora dopo che un bel po’ di secoli ci separano da quel mirabile intelletto che è stato, possiamo continuare ad accettare il dubbio quale origine della conoscenza? Guardando al quotidiano, che era poi il lato pratico cui Descartes voleva applicare il proprio metodo, è evidente il fatto che il dubbio in quanto tale sia spinta emotiva, slancio intellettuale verso l’inizio di una ricerca, dal dubbio non può nascere nessuna sapienza se non quella già evidenziata dallo stesso Descartes, ovvero il fatto di dubitare.
Una volta che dubitiamo, possiamo scegliere se ingaggiare la sfida intellettuale appena nata o limitarci a giocare in mezzo al dubbio con certezze altrettanto fallimentari.
Il fatto è che una volta “risolto” il dubbio, ed acquisita una certa conoscenza l’uomo è ancora in possesso di un'altra arma contro l’umanità: il suo libero arbitrio.
Col libero arbitrio l’uomo sceglie di ingannare, sceglie di mentire ed è impossibile dubitare del fatto che l’uomo mente, e mentirà costantemente, quotidianamente, instancabilmente. Non già per scelta, ma perché facente parte della natura stessa. La quale è la più grande ingannatrice al mondo.
La bugia della natura
Le nostre scienze si sono ampiamente impegnate a ritrovare la verità nascosta all’interno della natura, la sostanza alla base di tutte le cose e le leggi che la controllano, orbene, più ci sforziamo nella ricerca della verità ultima, più i nostri traguardi scientifici ci dimostrano come in verità non sia tutto una semplice bugia naturale. In natura ogni cosa mente: Una semplice farfalla ha il bisogno di mentire per sopravvivere, noi la chiamiamo mimetizzazione (dal greco io imito) ma i geometridi “sanno” che è questione di vita o di morte, affidano così la loro intera esistenza alla loro bravura nel mimetizzarsi col terreno, le foglie e cortecce degli alberi, la loro sopravvivenza come specie passa attraverso la naturale capacità di mentire.
Talvolta appare divertente come, ad esempio, l’amore per l’antropomorfismo abbia portato diverse persone ad attribuire ai cani, qualità e atteggiamenti prettamente umani, questo smisurato bisogno di sentirsi amati gli ha portati a battersi, anche con una certa fierezza, pur di sostenere l’infantile credenza che il cane,  lo ricambi dell’amore, che essi cercano di trasmettere loro. Ora, benché l’argomento “amore” sia già ampiamente studiato nel mio “Apologia dell’amante”*, basterà qui ricordare come, possiamo affermare che l’amore sia risultato di una percezione elaborata ed studiata da un intelletto pensante, in grado di possedere il libero arbitrio: Io affermo di “amare”, perche percepisco in me delle trasformazioni emotivo fisiologiche, le quali interpreto o cerco di rispondermi attraverso la parola “amore” (in pratica potrei benissimo chiamarlo bisogno di cioccolata, sarebbe uguale, ma il nostro innato romanticismo lo chiama amore). Possiamo quindi notare come per principio di evidenza il cane non possieda il “pensiero” in qualità del fatto che non possiede neanche il libero arbitrio, deducibilmente lo stesso cane non potrà quindi interpretare le sue informazioni sensoriali in definizione di terminologie simili al concetto “amore”, quel che noi, esseri umani facciamo è attribuire al cane delle qualità prettamente umane, ci inganniamo consapevolmente  pur di credere che il cane ricambi il nostro amore con “amore”. Quel atteggiamento amorevole che il cane manifesta verso il padrone non è altro che semplicistico istinto di sopravvivenza, nonché riconoscenza del “maschio alfa” del clan: per ogni cane, il proprio padrone non è altro che il maschio alfa del suo sistema chiuso, la strategia di dimostrare reverenza ed “affetto” verso il padrone non è affatto diversa dal cercare di ingannarlo costantemente, quotidianamente, pur non facendolo con l’intento stesso di ingannare, poiché ovviamente il cane non può scegliere di ingannarci, semplicemente lo fa. Ecco quindi la naturale bugia, quasi fisiologica e certamente necessaria ai fini della sopravvivenza dell’essere inferiore.
La bugia della natura umana
“La loro bocca dice menzogne
E alzando la destra giurano il falso.”
Preghiera del Re per la vittoria e per la pace
Cos’è l’uomo? Qualcuno disse è un bipede nudo ed ebbe in risposta un pollo spennacchiato lanciato in faccia. Qualcuno altro affermò la dualità  e la separazione tra l’uomo materia e l’uomo idea, ed infine un altro lo superò riunendo la dualità e unificandola affermando che reali sono gli individui e che nella realtà va ricercata la vera essenza.** Da allora in molti ci siamo chiesti cos’è l’uomo, taluni rispondendo in base ad specifiche caratteristiche quali: l’uomo è un animale sociale, l’uomo è il lupo di altri uomini, ecc … Ed ognuna di queste affermazioni si avvalgono della qualità di apparire più o meno corrette e valide, ma un affermazione che non sia supportata dall’evidenza concreta e indiscutibile che essa sia tale, un affermazione alla quale si trovi uno ed uno soltanto  dubbio non è vera,  quindi noi possiamo dire è vero che l’uomo è un animale sociale, ma l’esperienza ci dimostra come in lungo ed in largo nella storia delle civiltà si siano sviluppati i movimenti asceti, evidenza del fatto che l’affermazione uomo sociale non è del tutto vera. L’uomo è il lupo di un altro uomo, è un affermazione che appare veritiera, ma possiamo trovare prove e dimostrazioni che almeno una volta, almeno u solo uomo è mai stato “buono”, quindi anche questa affermazione non è del tutto vera.
L’uomo è un bugiardo. Signori, non troveremo modo per smentire questa affermazione, non si è mai dato il fatto che sia esistito un uomo il quale non abbia mai mentito. Tutti, mentiamo. Io affermo quindi l’uomo è un animale  che mente, alla pari del cogito, l’uomo non solo è colui che pensa, ma è anche e soprattutto colui che mente. Da questa proposizione …
*Con il nome di “Apologia dell’amante” sono raggruppati una serie di scritti propri del M° Jaime Luis Vizconde, dove viene studiato e analizzato l’argomento dell’amore, sia da un  punto di vista storiografico, che da quello psicologico, metafisico e fisiologico.
**Se riconoscete a chi mi riferisco, segnalatelo nei commenti e mi complimenterò con voi pubblicamente.

Sulle Orme di Marte

Pubblicato nel vecchio Blog il: 03.09.2015 18:57
Con quanta facilità è possibile ritrovare dei marzialisti (dicasi di personaggi alquanto simpatici che affermano di praticare arti marziali, ecc) da bar dello sport, soprattutto coloro che prediligono la valenza sportiva delle arti marziali/ sport da combattimento, affermare a pieni polmoni frasi siffatte: “Arti marziali, arti del dio marte, quindi della guerra”? Per subito dopo aggiungere: “Se non ti meni o fai sparring o fai gare, non pratichi arti marziali!”(di solito, nelle versioni feisbucchiane, vanno aggiunte una notevole quantità di punti esclamativi e maiuscole a go go, così per “menare” un po’ la nobile lingua del sommo poeta). Si tanta assolutistica convinzione può anche apparire veritiera ai profani e tra coloro, poveri di studio e  spirito di ricerca, ma soffermiamoci proprio su questa qualunquista affermazione, ed analizziamo mettendo in evidenza come, per l’ennesima volta, gli assolutismi e le verità che ne pretendono tale caratteristica non siano se non del tutto, almeno in parte, errate e quindi siano verità non vere (un po’ come questo blog, dove la verità è menzogna, ricordate?).
Marte dio della guerra, è una semplice affermazione la quale di per sé appare veritiera e nota a tutti, il problema, signori miei, è che esporre la verità vuol dire anche cercare di mostrarla (e non necessariamente dimostrarla) in tutte le sue angolazioni, o per meglio dire: sotto tutti i punti di vista, poiché una cosa è tale se resta coerente a se stessa per un determinato tempo/spazio, quindi Marte dio della guerra è una proposizione giusta, ma incompleta e questo forse è anche colpa dell’uomo stesso e della sua semplicistica capacità di accontentarsi con ciò che ritiene facilmente sufficiente.
Il Marte romano è ben diverso dalla sua controparte greca Ares, nonché venga ad esso associato/assimilato. Là dove Ares è, fin dai suoi origini, pura forza distruttiva: signore assetato ed insaziabile di sangue e fragore, di rissa ed assassinio (ricordiamo l’epiteto di Miaiphonos, colui che è machiato di sangue e Brotoloigos, il distruttore di uomini) Il Dio Marte ne acquisisce tali caratteristiche soltanto in un periodo assai tardo: il I secolo a.C. prima di allora possiamo riconoscere in Marte attributi ben più benevoli, pur essendo sempre e comunque collegato con le arti belliche: E’ signore del tuono, della pioggia, nonché protettore dalle calamità agricole, in questo ambito ci viene mostrato un Marte più vicino a compiti di fertilità  della natura e non a caso egli è anche il dio della primavera.
 Ora se pensiamo alla primavera, di primo acchito non ci verrebbe mai in mente di pensare ad attività “violente” o minimamente connesse alle arti belliche, questo per il semplice fatto che in passato, l’inizio della primavera segnava anche l’inizio del periodo delle guerre, poiché le piccole città stato e anche gli imperi più grandi come quello persiano, egiziano e romano, dovevano affrontare le azioni belliche in un momento dell’anno il più favorevole possibile, sia per la gestione logistica e  tattica che “il muovere eserciti” richiedeva.
Sia evidente quindi come la peculiarità di “Dio della guerra” non sia una caratteristica univoca ed assoluta al noto personaggio, anzi essa non è altro che una delle tante qualità e/o attributi ascrivibili al dio, se poi vogliamo soffermarci alla versione greca del dio della guerra, sarà evidente il fatto di come non sia solo Ares l’unico, vero dio della guerra, ma ne rappresenti solo la parte più brutale e violenta della stessa (da notare anche il fatto di come, la nascita e la “casa” di Ares trovi luogo in Tracia, zona considerata dagli stessi greci tra le più barbariche  e meno civilizzate), mentre aspetta ad Athena (anch’essa dea della guerra, della conoscenza e dell’artigianato) le caratteristiche più nobili della guerra, ovvero: la strategia e la tattica. Nella tradizione greca è facilmente riscontrabile degli scontri tra Ares ed Athena, notando come gli stessi finiscano sempre con la vittoria della dea nei confronti del fratello, proprio grazie all’astuzia (Metis, che ricordiamo ne è la madre), quindi sia evidente come già in tempi antichi il mito vuole l’intelletto superiore alla semplice brutalità, da qui la superiorità umana pretesa dai vari Strateghos ed Hegemon, strateghi e comandanti in capo dei vari eserciti di area Egea, quali alunni di Athena, dea della conoscenza (No, l’Athena dea della giustizia e della pace dei cavalieri dello zodiaco non vale in questo contesto).

Da simile discorso risulterebbe evidente quindi, come non sia possibile e del tutto corretto applicare il termine “arti marziali” esclusivamente in senso bellicoso e quindi nella sua accezione di arti dedite strettamente ed unicamente alla guerra, poiché non credo che voi, O moderni marzialisti del web,  abbiate abbinato allo studio delle mere tecniche di lotta, confronto o chi che sia, lo studio della strategia, della tattica e delle arti in generale, a meno che non vi consideriate dei bruti spasimanti della violenza e stancabili ricercatori di risse per il gusto delle stesse.
Ci rendiamo quindi conto che con la terminologia di Arti Marziali, non stiamo solo definendo il semplicistico metodo di combattimento e gli accorgimenti puramente  brutali degli stessi, quanto un insieme culturale molto più vasto: a Sparta, un guerriero per diventare tale doveva studiare all’agoghé musica, matematica, danza, eloquenza, tutte caratteristiche che unite alla preparazione fisica e militare dovevano formare, se non sarebbe meglio usare il termine costruire, il guerriero perfetto (pretesa quest’ultima, che la storia ci dimostrerà del tutto infantile), mi chiedo di tutte quelle persone fomentate che si riempiono la bocca affermando di praticare ad esempio il Pancrazio, se siano realmente capaci a svolgere una semplice operazione aritmetica (questo quesito rimane una semplice personale curiosità) o prodigiarsi nell’arte della retorica? In quanti di coloro che professano la cultura marziale di area mediterranea (tra cui troviamo tutti i vari ricostruttori storici marziali che vogliono farci credere di aver riscoperto le ancestrali tecniche del pancrazio o del pugilato) sono veramente coscienti di quel che vuol dire studiare le arti militari della cultura greco romana?
Lo studio delle antiche religioni può quindi far luce su un argomento a prima vista banalmente scontato, dimostrando come in realtà ci sia molto di più del semplice affermare: Arti marziali, da Marte dio della guerra. A tal proposito vorrei ricordare ai miei lettori che quella greco romana è una cultura assai moderna e a mala pena durata qualche secolo (se consideriamo il medioevo ellenico possiamo al massimo azzardare 1000/1500 anni di civiltà ellenica, mentre simile misura appare se sommiamo l’era repubblicana e quella imperiale di Roma), tempi storici di ben poca importanza se a confronto con civiltà antiche già al tempo dello stesso Leonida (per i fanatici della grafic novel) o Cesare, Civiltà come quelle assiro babilonesi, ittite, medi e ovviamente quella egizia. Se per pura curiosità vi capita di studiare leggermente queste antiche civiltà, quasi all’origine del tempo, potreste notare come quelle divinità preposte alla definizione di “dio della guerra” in realtà assumevano anche ruoli e compiti assai diversificati, per una concezione locale e ben determinata nella storiografia umana, possiamo affermare, con la dovuta cautela che la guerra di per se era ben divisa tra i compiti dei vari dei appartenenti ai diversi pantheon.
Dunque ho analizzato la comune locuzione all’origine delle arti marziali, fornendovi nuovi indizi su cui meditare, vorrei ora porre l’attenzione su un particolare, il quale, a chi tra voi sia assai scaltro sarà apparso subito evidente: Ho trattato l’argomento in chiave politeista, come si comporta la “guerra” e gli “attributi guerreschi” in chiave monoteista? All’origine dell’unico Dio sono riscontrabili le capacità guerriere?
Se volete proseguire questo viaggio insieme a me lasciate un commento al mio blog, ed eventualmente segnalatemi cosa vorresti approfondire. Sarò lieto di rispondervi.
N.B. sono certo che da questo scritto ne trarrò molti attacchi e accuse, come capita al solito su internet. Ma dato che i guerrieri da tastiera preferiscono guerreggiare premendo i tasti non mi preoccupo e quindi lo pubblico lo stesso.