Pubblicato nel vecchio blog il: 12.11.2014 10:33
Il mondo delle arti marziali nostrane talvolta può offrirci degli ottimi aneddoti che rasentano il ridicolo, come quella del maestrino di karatè che prende a pugni una busta di sassi per allenare il giacuzuchi*, senza aver mai fatto un minimo di preparazione antecedente e procurandosi la frattura di tre su cinque metacarpi, o meglio quella del maestrino di difesa personale dall’anglosassone nome che ad ogni lezione tenuta si procura autolesioni, spesso limitanti, anche quando si allena a solo! Insomma una varietà di spunti sui quale riflettere amenamente nelle fredde sere invernali, possibilmente con una buona scorta di vino rosso. Quest’oggi però il pensiero mi si è fermato ed ingarbugliato sulla problematica questione: arti marziali e difesa personale.
Orbene mi affido al buon senso nonché a quel minimo di intelletto che vorrei riconoscere ancora nella maggioranza dei miei pari, esseri definibili ancora, umani o forse troppo umani (il buon Friedrich mi scuserà per questa ignobile menzione). Cercate di seguirmi, miei cari lettori, su un ragionamento così banale, naturale e semplice che oserei dire ci sarà poco o nulla sul quale indagare dopo.

Mi spiego: Se inizio la pratica di una disciplina, qualsiasi essa sia, oltre a farlo per il semplice piacere o svariati altri motivi personali, ecc, l’obiettivo alla base di tale studio non sarà se non raggiungere ottimi livelli di maestranza applicata riguardo quell’ambito specifico di studio; quindi se mi iscrivo ad un corso di disegno e pittura, mi aspetto di raggiungere alti livelli (o almeno migliorare le mie capacità) nella disciplina, appunto, del disegno e della pittura, ciò non richiede necessariamente che io diventi un esperto nella storia dell’arte, quest’ultimo può essere semplicemente una conoscenza collaterale data dal mio personale interesse per quella ulteriore disciplina(la storia dell’arte, appunto). Potremo continuare ad esaminare un infinità di esempi simili, e la deduzione finale sarebbe sempre la stessa: L’autosomiglianza tra disciplina e scopo della stessa. Cos’è l’autosomiglianza? E’ la capacità naturale per la quale ogni singola parte è identica al tutto, nel nostro specifico caso, ogni singola tecnica marziale, pur variando la sua morfologia tecnica strutturale, prevede lo stesso identico scopo di ogni arte marziale degna di tale nome: abbattere il proprio avversario.
Un praticante di arti marziale è allora uno studente dedito all’approfondimento e assimilazioni dei metodi per raggiungere un alto grado di efficacia nell’abbattere il proprio avversario, sia sul piano fisico che su quello psicologico, in tal modo la sua persona si avvicina il più possibile all’archetipo elementare del guerriero: L’uomo in grado di affrontare ogni difficoltà proprio in virtù della sua conoscenza marziale.

Ora, mi domando se non è così facile riconoscere che praticando già un arte marziale si dovrebbe imparare a difendersi? Lo studio classico della logica aristotelica dovrebbe portarci, in modo assai semplice, alla risposta di questa domanda: Si, per imparare a difendersi basta studiare, per bene, un ottima disciplina marziale; dove per ottima si consideri quella disciplina più facilmente assimilata dalla mia specifica persona, e alla quale si dedica diverse ore di addestramento.
Oltre all’aspetto logico per il quale è ovviamente inutile separare la difesa personale dalle arti marziali, vi è anche una motivazione pratica sul perché è indiscutibilmente migliore scegliere un arte marziale anziché un corso di difesa personale ma per questa discussione vi invito a restare in attesa al prossimo articolo del blog. Nel mentre, cari amici lettori, meditate e allenatevi.
*Attendo il primo linguista che proverà a correggermi sul come scrivere giacuzuchi correttamente.
Nessun commento:
Posta un commento